La Corte di Appello ha condannato una parte degli imputati del Processo Marina bis, per omicidio colposo legato all’amianto.
Marina bis: dopo un doloroso processo, in arrivo le condanne
La III Sezione della Corte di Appello di Venezia, ha ribaltato il processo Marina-bis, dopo tre anni di estenuanti battaglie giudiziarie.
Presieduto dalla dott.ssa Patrizia Vincenzina Montuori, l’Appello ha riformato parzialmente la sentenza di assoluzione pronunciata dal Tribunale di Padova.
Sei, gli imputati chiamati a rispondere per la morte di undici lavoratori vittime di amianto.
Si tratta di Guido Venturoni, Agostino Di Donna, Angelo Mariani, Sergio Natalicchio, Mario Di Martino e Umberto Guarnieri.
Gli ammiragli non avrebbero provveduto a proteggere la salute dei lavoratori, esposti per anni alla terribile fibra dell'amianto, di cui le navi erano cariche.
Inoltre non avrebbero resi “edotti i lavoratori dei rischi, dovuti alla presenza delle fibre killer”, secondo, quanto previsto del DPR n° 303 del 1956, art.21. Una mancanza di scelte in un quadro che già dal primo ‘900 rendeva chiaro, secondo il giudice, come la presenza nei luoghi di lavoro dell’amianto dovesse essere sottoposta a particolari cautele (R.D. n. 442/1909 articolo 29, tabella B, n° 12) perché insalubre e pericolosa.
Decisiva la perizia della Corte di Appello
Agostino di Donna è stato condannato alla pena di due anni di reclusione, Angelo Mariani e Guido Venturono, entrambi a un anno e sei mesi, Sergio Natalicchio a un anno di reclusione.
Decisiva la super perizia disposta in fase processuale dalla stessa Corte di Appello, su richiesta delle parti civili.
Essa «ha confermato e ribadito la sussistenza di un rapporto causale tra l'esposizione patita da ogni singolo lavoratore e l'insorgenza della relativa malattia, nonché l’altissima concentrazione di polveri e fibre di amianto inalate dai Marinai», sostiene in una nota l'avvocato Bonanni.
Nota bene. Inizialmente, il processo aveva visto imputati tredici alti ufficiali (tre di quali sono deceduti) della Marina militare, della Sanità militare e di Navalcostarmi.
La “Marina affonda sull’amianto”. Una vittoria dell’ONA
«Giustizia è fatta, la Marina affonda sull’amianto! Continueremo a sollecitare le bonifiche, la messa in sicurezza delle nostre unità navali, e la tutela giuridica, anche con risarcimenti, senza necessità, speriamo, di dover sempre ricorrere all’Autorità giudiziaria».
Questo il commento dell’avv. Ezio Bonanni, legale dei familiari di Tommaso Caserta e Francesco Paolo Sorgente.
Oltre al risarcimento dei danni a favore delle parti civili costituite, agli eredi sarà pagata una provvisionale immediatamente esecutiva pari a €50.000,00 ciascuno. Per loro si applicherà lo “iure hereditatis”.
L’Osservatorio Nazionale Amianto (Ona), attraverso il suo presidente Ezio Bonanni, rappresenta da oltre venti anni le vittime dell’amianto e quelle vittime del dovere.
Attraverso una App si possono inviare segnalazioni e contribuire alla mappatura dei siti contaminati, e per una consulenza, lo sportello on line o il numero verde 800 034 294.
Conosciamo le vittime difese dall’ONA: Tommaso Caserta
Tommaso Caserta era un maresciallo triestino (originario di Taranto). A lui era stato già riconosciuto lo status di "vittima del dovere” .
L’uomo si era ammalato dopo aver svolto servizio come infermiere nella Marina Militare.
Era stato insignito della Croce d’Argento dopo aver compiuto 16 anni di servizio militare e della Croce d’Oro per i 25 anni di anzianità di servizio.
Il suo decesso è avvenuto il 16 novembre 2009, dopo una lunga e sofferta battaglia contro il temibile mesotelioma pleurico sinistro, dovuto all’esposizione ad amianto.
La moglie Marisa e ai due figli, Francesco ed Elena, all’epoca di 27 e 32 anni, beneficeranno del risarcimento.
Francesco Paolo Sorgente
Sorgente, deceduto nel gennaio 2009, era un capitano di Vascello del Genio Navale. L’uomo, originario di Vasto (Chieti, Abruzzo) aveva prestato servizio nella Marina Militare (settore navi e sommergibili) dal 12 marzo 1968 fino al 30 gennaio 2000.
Durante lo svolgimento delle sue funzioni, era entrato a contatto con il pericoloso patogeno. Anche nel suo caso, fatale è stata l’insorgenza del mesotelioma pleurico.
Dopo la sua morte, il ministero della Difesa gli aveva riconosciuto la causa di servizio e in seguito lo status di Vittima del Dovere.
Cosa succederà a livello giudiziario?
Per mettere la parola fine sulla triste vicenda giudiziaria, bisognerà aspettare ancora. Probabilmente si andrà in Cassazione e di fatto i tempi si allungheranno. Ad ogni modo, la sentenza d’Appello rappresenta un punto di svolta decisivo. Ma approfondiamo qualche aspetto della “questione amianto” in Marina.
Esposizione all'amianto nella Marina
Dagli anni '30 agli anni '70, la Marina ha utilizzato enormi quantità di prodotti isolanti e ignifughi in amianto su navi da guerra e sottomarini.
La fibra killer, era presente in tutte le navi e i cantieri navali per la sua capacità ignifuga e la resistenza alla corrosione salina.
Di conseguenza, il personale che svolgeva attività di manutenzione e riparazione su attrezzature, tubi, caldaie e pompe, è stato sottoposto ad alti livelli di esposizione prolungata.
In alcuni casi, i membri del servizio della Marina indossavano persino attrezzature in tessuto di amianto. Basti pensare agli indumenti protettivi per i vigili del fuoco e guanti resistenti al calore per i marinai che presidiavano le torrette delle armi.
Durante l’installazione e la lavorazione di prodotti contenenti amianto, venivano rilasciate alte concentrazioni di polvere tossica negli spazi chiusi delle navi della Marina.
A bordo delle navi della Marina, gli alloggi stretti e la scarsa ventilazione permettevano alle fibre di amianto di accumularsi dove i membri del servizio lavoravano, mangiavano e dormivano. Insomma era impossibile sfuggire al killer silente!
Esposizione secondaria: quando il pericolo si portava a casa
Ma i rischi non restavano circoscritti al luogo di lavoro. Al termine del loro turno, gli operai dei cantieri navali tornavano spesso a casa coperti di polvere di amianto. Purtroppo questa circostanza causava un'esposizione secondaria all'amianto tra i familiari. Essa si verificava principalmente attraverso l'esposizione a indumenti contaminati dall'amianto quando si faceva il bucato.
Alla Marina il record negativo
Nessun ramo delle forze armate ha subito più esposizione all'amianto di quello della Marina.
Oltre al mesotelioma, i suoi membri hanno sviluppato altre malattie legate all'amianto, tra cui il cancro ai polmoni, il cancro della laringe e l'asbestosi.
Il pericolo non è ancora finito
I dipendenti della Marina che hanno prestato servizio negli ultimi 50 anni rimangono a rischio di sviluppare il mesotelioma, perché ci vogliono decenni perché l'amianto causi danni che portano al cancro.
Alcuni vecchi prodotti amianto rimangono nelle navi, nei cantieri navali e nelle basi della Marina.
Gli attuali membri del servizio navale devono anche affrontare l'esposizione all'amianto quando schierati all’estero, in Paesi che non hanno forti normative sull'amianto.
Le basi militari internazionali sono anche note per contenere materiali da costruzione in amianto.
Questo non fa di certo essere ottimisti. La strada da percorrere è lunga e tortuosa.
ONA continua nel suo impegno contro ogni forma di esposizione
Per ONA non esiste alcuna soglia di esposizione “sicura”. L’unico modo per dire basta all’amianto consiste nel rimuovere e bonificare i siti contaminati.
Sembra facile, ma non lo è.