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Endotossine: cosa sono e lavoratori a rischio

Avete sentito mai parlare di endotossine? Si trovano in diversi ambienti di lavoro e della vita quotidiana e possono comportare gravi conseguenze per la salute delle persone esposte. Vediamo nel dettaglio cosa sono, dove si trovano, come agisocno e quali danni alla salute provocano.

Vediamo quali sono le malattie correlate e le malattie di origine professionale riconosciute. Lo studio legale dell'avvocato Ezio Bonanni fornisce assistenza legale alle vittime di esposizione dannosa per il riconoscimento della malattia professionale o causa di servizio e di tutti gli indennizzi correlati. Ricordiamo che le vittime di esposizioni dannose sul luogo di lavoro hanno diritto anche al risarcimento integrale dei danni subiti. Questo se si dimistra che il datore di lavoro non ha garantito la sigurezza dei lavoratori.

Cosa sono le endotossine e come agiscono?

Le endotossine sono componenti della parete cellulare dei batteri Gram-negativi, costituite principalmente da lipopolisaccaridi (LPS). Queste molecole vengono rilasciate nell’ambiente quando i batteri muoiono o si dividono. Come già accennato possono avere effetti significativi sulla salute umana e sugli animali esposti.

Le endotossine non sono tossine nel senso classico del termine, come il veleno di un serpente, ma agiscono come potenti stimolatori del sistema immunitario.

L'ipotesi più probabile è che i gram-negativi producano endotossine perché ne hanno bisogno. Secondo studi recenti sembrerebbe che queste sostanze aiutino i batteri a riprodursi, inoltre i batteri utilizzano le endotossine a scopo difensivo.

Dove si trovano le endotossine?

Si trovano in numerosi ambienti, specialmente in quelli dove c’è una presenza elevata di materiale organico in decomposizione, come negli allevamenti, nelle industrie di trasformazione alimentare, negli impianti di trattamento dei rifiuti e nelle strutture sanitarie. Le endotossine possono essere disperse nell’aria sotto forma di aerosol e inalate, oppure possono contaminare superfici e alimenti.

Le endotossine sono estremamente resistenti al calore ed agli agenti fisici. Per questo sono frequenti contaminanti ambientali.

Questo è quanto riportato sul factsheet Il Dipartimento Igiene del Lavoro dell’Inail lo considera un rischio biologico emergente”. Questo a causa dell'ampliamento della popolazione a rischio: elevate concentrazioni di endotossine sono state riscontrate anche in  ambienti indoor adibiti ad uso ufficio, scuole ed abitazioni private, a seguito della contaminazione dei sistemi di ventilazione ed umidificatori da parte di batteri gram-negativi.

Quali sono gli effetti sulla salute?

Quando entrano nel corpo umano, le endotossine attivano una risposta infiammatoria. Il sistema immunitario le riconosce attraverso specifici recettori, in particolare i Toll-like receptor 4 (TLR4), che innescano una cascata di segnali che porta alla produzione di citochine pro-infiammatorie. A basse dosi, questa risposta è utile per combattere le infezioni, ma un’esposizione eccessiva o prolungata può provocare gravi effetti avversi, tra cui febbre, infiammazione cronica, shock settico e danni agli organi.

In particolare inducono la produzione di diversi mediatori, i quali a livello dell'ipotalamo determinano il rilascio di prostaglandine ad attività termoregolatoria, e provocano uno stato di malessere generale accompagnato da febbre, diarrea e vomito. In grandi quantità, producono shock emorragico e diarrea grave.

Gli effetti sulla salute infatti variano a seconda dell’intensità e della durata dell’esposizione.

Come si eliminano le endotossine?

L’eliminazione delle endotossine è complessa perché non sono facilmente distrutte dalle normali condizioni ambientali o dai comuni disinfettanti. Tuttavia, possono essere rimosse o ridotte attraverso filtrazione dell’aria, trattamento termico e l’uso di detergenti specifici nelle superfici di lavoro. In ambito medico e farmaceutico, la depurazione da endotossine è una priorità, e vengono impiegate tecnologie avanzate per rimuoverle da strumenti, farmaci e dispositivi impiantabili.

Quali sono le categorie di lavoratori a rischio?

Le categorie di lavoratori più a rischio includono agricoltori, allevatori, operatori nei macelli, lavoratori nell’industria tessile, personale ospedaliero e addetti agli impianti di trattamento dei rifiuti. Per ridurre i rischi, è fondamentale adottare misure di prevenzione come l’uso di dispositivi di protezione individuale (mascherine e guanti), la ventilazione adeguata degli ambienti di lavoro e la riduzione della formazione di aerosol contenenti endotossine.

Le malattie correlate all'esposizione alle endotossine

Nei lavoratori esposti ad alte concentrazioni di endotossine, come quelli nel settore agricolo, nella lavorazione del legno o nei laboratori biologici, si osservano frequentemente patologie respiratorie come la febbre da inalazione di polveri organiche, la sindrome da disfunzione reattiva delle vie aeree (RADS), BPCO e l’asma occupazionale. Anche disturbi sistemici come affaticamento cronico e infiammazioni generalizzate possono essere associati a esposizioni prolungate.

Metodologie di campionamento e analisi in ambito lavorativo

Attualmente non esistono protocolli di rilevazione universalmente accettati e standardizzati per la misurazione delle endotossine aerodisperse. A tal proposito, il Comitato Europeo di Normazione (CEN) ha sviluppato la norma tecnica EN 14031:2021, la quale stabilisce le procedure per il campionamento e l’analisi di queste sostanze, delineando le modalità di prelievo, trasporto, conservazione e successiva elaborazione dei campioni.

Il processo di campionamento consiste nel raccogliere, durante il turno di lavoro, la frazione inalabile del bioaerosol mediante filtri e separatori di particelle, posizionati sia in prossimità della zona respiratoria (bocca e naso) dei lavoratori sia in aree fisse vicino alle fonti di emissione.

Per la quantificazione delle endotossine si utilizza prevalentemente il test LAL nella sua variante cinetico-cromogenica. Questa tecnica, estremamente sensibile, sfrutta l’attivazione di un enzima della cascata coagulativa presente nell’emolinfa del Limulus polyphemus, un artropode appartenente alla classe dei chelicerati. Il sistema immunitario di questo organismo è capace di riconoscere il lipopolisaccaride dei batteri Gram-negativi, permettendo così di rilevare la presenza di endotossine nei campioni analizzati. I risultati vengono espressi in Unità di Endotossina per metro cubo d’aria campionata (EU/m³).

Tuttavia, questa metodica può essere soggetta a interferenze dovute ad altri contaminanti ambientali, come i β-glucani, che possono alterare il risultato a causa di fenomeni di inibizione o attivazione della reazione enzimatica. Per superare questi limiti, sono state sviluppate tecniche alternative, tra cui il test rFC, l’HPLC/MS-MS e la GC-MS, le quali garantiscono maggiore precisione e affidabilità. Nonostante ciò, tali metodologie non sono ancora ampiamente adottate nella pratica analitica di routine.

Limiti di esposizione professionale: quali sono?

Al momento non esistono limiti normativi specifici per l’esposizione professionale alle endotossine aerodisperse. Tuttavia, in letteratura sono disponibili valori di riferimento basati su studi epidemiologici. Il Dutch Expert Committee on Occupational Safety (DECOS) ha proposto un limite basato sulla salute (HBROEL – Health-Based Recommended Occupational Exposure Limit) pari a 90 EU/m³ in un turno lavorativo di otto ore.

Alcune ricerche indicano che concentrazioni superiori a 100 EU/m³ possono innescare reazioni infiammatorie a carico delle vie respiratorie, mentre livelli oltre i 1.000 EU/m³ sono stati associati a effetti acuti come sintomi respiratori intensi e disturbi sistemici, comunemente noti come sindrome da polveri organiche tossiche (ODTS).

In Germania, sono state stabilite linee guida che suddividono i livelli di contaminazione da endotossine negli ambienti di lavoro in base alla concentrazione rilevata nell’aria:

  • Esposizione elevata: tra 100 e 1.000 EU/m³;
  • Esposizione molto alta: tra 1.000 e 10.000 EU/m³;
  • Esposizione estremamente alta: oltre 10.000 EU/m³.

Queste classificazioni servono a individuare le situazioni lavorative a maggior rischio e a definire strategie di prevenzione e protezione per i lavoratori esposti.

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