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Come funziona la disoccupazione in caso di licenziamento

La disoccupazione è una tutela economica fondamentale prevista dall’ordinamento italiano per sostenere chi perde il lavoro. Ma come funziona i caso di licenziamento? E se è il lavoratore di lavoro a dimettersi? In questa guida completa scopriamo come funziona la disoccupazione a 360°: cosa succede in caso di licenziamento per giusta causa, come richiedere la Naspi dopo il licenziamento e cosa succede dopo le dimissioni.

Cos'è la disccupazione e in quali casi spetta al lavoratore?

Questa indennità, gestita dall’INPS, viene erogata per aiutare i lavoratori che si trovano involontariamente senza occupazione, fornendo loro un supporto economico temporaneo mentre cercano una nuova posizione. Per comprendere appieno come funziona la disoccupazione in caso di licenziamento, è necessario esaminare diverse situazioni: dal licenziamento per giusta causa alle dimissioni, fino alle modalità corrette per licenziarsi senza perdere il diritto all’indennità.

Quando un lavoratore è licenziato, ha diritto alla disoccupazione se la cessazione del rapporto di lavoro avviene in modo involontario. Questo significa che il lavoratore non deve essere responsabile della fine del rapporto, come nel caso di un licenziamento individuale, collettivo o per motivi economici. Il licenziamento per giusta causa, tuttavia, rappresenta una particolare casistica che richiede un approfondimento.

Come funziona la Naspi nel dettaglio

La disoccupazione, formalmente chiamata NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego), è destinata ai lavoratori subordinati che soddisfano determinati requisiti contributivi e amministrativi. Per accedervi, il lavoratore deve aver accumulato almeno tredici settimane di contributi negli ultimi quattro anni e almeno trenta giorni di lavoro effettivo nei dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto.

La domanda per la NASpI deve essere presentata entro sessantotto giorni dalla fine del rapporto di lavoro, utilizzando il portale online dell’INPS o richiedendo supporto presso un patronato. L’importo dell’indennità varia in base alla retribuzione percepita e viene calcolato su una percentuale del salario medio mensile, con un tetto massimo fissato annualmente.

L’ammontare della Naspi è pari al 75% dell’imponibile medio mensile percepito dal dipendente nei ultimi 4 anni.

Chi non può richiedere la disoccupazione?

Non possono richiedere l’accesso alla NASPI:

  • i dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni;
  • gli operai agricoli sia a tempo determinato che indeterminato;
  • i lavoratori extracomunitari con permesso di soggiorno per lavoro stagionale;
  • i lavoratori che hanno raggiunto i requisiti per la pensione di vecchiaia o anticipata;
  • i lavoratori che percepiscono l’assegno ordinario di invalidità, salvo il caso in cui optino per quello Naspi.

Disoccupazione a seguito di licenziamento per giusta causa

Se il datore di lavoro interrompe il rapporto per comportamenti del lavoratore considerati così gravi da rendere impossibile proseguire la collaborazione, nemmeno per il periodo di preavviso, si ha diritto alla disoccupazione. Si tratta infatti di una cessazione del contratto non consensuale e di un licenziamento involontario.

Ma andiamo con ordine: cos'è il licenziamento per giusta causa? La giusta causa può includere situazioni come l’assenza ingiustificata, atti di insubordinazione gravi o comportamenti fraudolenti. Anche in presenza di un licenziamento per giusta causa, il lavoratore può accedere alla disoccupazione, purché la decisione sia ritenuta valida e non frutto di abusi o scorrettezze da parte del datore di lavoro. In caso di dubbi sulla legittimità del licenziamento, è possibile presentare ricorso al giudice del lavoro per ottenere una verifica.

Questa è la forma più grave di licenziamento poiché dipende da un grave inadempimento posto in essere dal lavoratore. A titolo esemplificativo e non esaustivo, possono configurare ipotesi di licenziamento per giusta causa le seguenti condotte:

  • insubordinazione verso i superiori;
  • furto di beni aziendali durante l’esercizio delle sue mansioni;
  • casi di diffamazione dell’azienda e dei prodotti della stessa;
  • minacce nei confronti del datore di lavoro o di colleghi;
  • danneggiamento di beni aziendali;
  • di falsa malattia o falso infortunio;
  • di violazione del patto di non concorrenza.

Cosa succede alla Naspi in caso di dimissioni volontarie?

Un’altra situazione da considerare è quella delle dimissioni. Di norma, le dimissioni volontarie escludono il diritto alla disoccupazione, poiché rappresentano una scelta unilaterale del lavoratore di terminare il rapporto di lavoro. Tuttavia, esistono eccezioni importanti. Le dimissioni per giusta causa rientrano tra le casistiche che consentono di accedere all’indennità di disoccupazione. La giusta causa è riconosciuta quando il lavoratore si dimette a causa di comportamenti gravi e imputabili al datore di lavoro che rendono insostenibile la prosecuzione del rapporto. Tra i motivi che possono giustificare le dimissioni per giusta causa troviamo, ad esempio, il mancato pagamento delle retribuzioni, molestie sul luogo di lavoro, modifiche sostanziali e peggiorative delle condizioni contrattuali, o situazioni di mobbing.

Come licenziarsi senza perdere la disoccupazione

Per licenziarsi senza perdere il diritto alla disoccupazione, è essenziale che le dimissioni siano motivate da ragioni legittime e documentabili. Una procedura corretta prevede la formalizzazione della giusta causa, supportata da prove o testimonianze che confermino la gravità della situazione. Ad esempio, se il motivo delle dimissioni è il mancato pagamento dello stipendio, è importante conservare le buste paga arretrate o altre evidenze che dimostrino l’inadempienza del datore di lavoro. Il lavoratore deve inoltre seguire la procedura telematica prevista per le dimissioni, compilando il modulo online attraverso il portale dell’INPS o avvalendosi dell’assistenza di un patronato.

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