In questa guida parlimo di ecoreati, ovvero reati ai danni dell'ambiente. Scopriamo tutto sulla legge che definisce e condanna i reati ambientali e sulle ecomafie e i numero dei loro traffici illegali in Italia.
L'Avvocato Ezio Bonanni è Presidente dell'ONA - Osservatorio Nazionale Amianto che si pccupa di lotta all'asbesto e ad altri cancerogeni e difesa legale degli esposti. Consapevole del legale strettissimo e indissolubile tra tutela della salute e dell'ambiente si occupa di informazione e sensibilizzazione su tutti i temi ambientali. L'Osservatorio si occupa anche di rifiuti e rifiuti pericolosi e di ecoreati.
L'Avvocato Ezio Bonanni è in prima linea nel processo Eternit che vede come protagonista la famiglia proprietaria delle fabbriche di Eternit al centro di un vero e proprio disastro ambientale e di esposizioni dannose a danno dei dipendenti.
La legge 22 maggio 2015, n. 68, ha introdotto una riforma di ampio respiro del diritto penale dell’ambiente. Questa nuova normativa ha integrato quella già esistente nella struttura del Codice Penale, che contemplava, già il disastro ambientale innominato. Infatti, già con l’art.434 c.p., era previsto il c.d. disastro ambientale. Tanto è vero che il magnate svizzero Stephan Schmidheiny, titolare della multinazionale Eternit, fu processato per la morte di migliaia di dipendenti e cittadini.
La legge 68/2015 ha introdotto il Titolo VI bis, nel Libro II, dedicato ai Delitti contro l’ambiente, che introduce cinque figure delittuose.
Cos’è un disastro ambientale? Il disastro ambientale è un fenomeno con una vasta ricaduta sull’ambiente e sulla salute degli organismi che lo abitano e dell’uomo. Esso può avere origine naturale o antropica e si definisce tale nei casi in cui risulta catastrofico per:
Se le cause del fenomeno sono naturali si parla solitamente di disastro naturale o calamità naturale, ovvero di un evento catastrofico, ragionevolmente imprevedibile e di ordine naturale.
Il disastro ambientale invece non deriva da fattori naturali, ma il confine tra i due può essere labile. I disastri naturali infatti possono essere amplificati dalle attività antropiche. Per esempio la deforestazione di un’area collinare o montana può far sì che una pioggia di bassa intensità provochi una frana devastante e quindi un disastro.
Il delitto di disastro ambientale è disciplinato dall’art. 452-quater c.p. il quale prevede che:
«Fuori dai casi previsti dall’articolo 434, chiunque abusivamente cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni. Costituiscono disastro ambientale alternativamente:
1) l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema;
2) l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;
3) l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo.
Quando il disastro è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata».
Il reato è quindi punibile indipendentemente dalla lesione o messa in pericolo della vita umana, basandosi sulla componente ambientale in un’ottica del tutto eco-centrica della tutela stessa.
Il disastro innominato e il disastro ambientale sono due fattispecie che continuano di fatto a coesistere.
Il reato di inquinamento ambientale e quello di disastro ambientale, come già detto, sono disciplinati rispettivamente dagli articoli 452-bis c.p. e 452-quater c.p., entrambi introdotti dalla L. 22 maggio 2015, n. 68 (Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente).
Per il primo è prevista la reclusione da due a sei anni e la multa da euro 10.000 a euro 100.000 per chiunque abusivamente cagioni una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.
Per il secondo è prevista la reclusione da cinque a quindici anni in caso, alternativamente, di alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema, alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali; offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo.
Le condotte punite dalle due fattispecie possano sembrare simili e non sempre, in concreto, facilmente distinguibili. Ci ha pensato la sentenza della Corte di Cassazione Penale, Sez. III, n. 46170 del 3 novembre 2016, a sottolineare come la reversibilità o meno del fenomeno inquinante assuma rilievo nella distinzione tra le due fattispecie.
Con il termine di ecoreato, di derivazione giornalistica, si intendono invece tanto i disastri naturali quanto il reato di inquinamento ambientale, in quanto entrambi producono una deturpazione ambientale ed ecologica.
Ecomafia è un neologismo coniato per la prima volta da Legambiente, associazione ambientalista. Per ecomafia definizione indica tutte le attività illegali perpetrate dalle organizzazioni criminali di stampo mafioso che arrecano danni all’ambiente.
Come già accennato, compaiono tra le attività delle ecomafie il traffico illegale e lo smaltimento illegale dei rifiuti, pericolosi e non, ma anche il traffico di buste shoppers illegali, l’abusivismo edilizio su larga scala, incendi boschivi e illegalità nel mercato dell’agro alimentare.
Questo insieme di crimini ambientali frutta alle ecomafie un indotto milionario ogni anno. Le ecomafie non si occupano solo di rifiuti causando disastri ambientali, ma anche di incendi boschivi, abuso edilizio, traffico di animali selvatici e ogni attività connessa ai reati che mettono a rischio l’ambiente.
Nel 1982 con l’emanazione del D.P.R. (DECRETO DEL PRESIDENTE) 10 settembre 1982, n. 915 (“Attuazione delle direttive (CEE) n. 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi”), abbiamo avuto a che fare con le prime notizie sull’operato delle ecomafie.
I primi reati che segnano il legame tra mafia e rifiuti furono accertati nel 1991. Sei imprenditori ed amministratori furono condannati nella Settima Sezione del Tribunale di Napoli per abuso di ufficio e corruzione e assolti dal reato di associazione mafiosa. Il crimine ambientale riguardava lo smaltimento dei rifiuti.
Per vedere coniato il termine ecomafia bisognerà aspettare ancora qualche anno. La parola appare per la prima volta nel 1994 in un documento pubblicato dall’associazione italiana Legambiente, intitolato Le ecomafie – il ruolo della criminalità organizzata nell’illegalità ambientale, redatto in collaborazione con Eurispes e con l’Arma dei Carabinieri.
Nel 1997 si pubblica il primo Rapporto Ecomafia di Legambiente che da allora, ogni anno, fa il punto sulla situazione nel nostro paese.
Nel 1995, inoltre, è stata istituita la “Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti”.
Le maggiori attività di lucro delle ecomafie sono costituite proprio dagli sversamenti di amianto su terreni, con rischio per la popolazione. Purtroppo, la pratica costruttiva con cemento amianto, detto eternit, e così con lo stesso termine utilizzato per la multinazionale, titolare del brevetto, ha determinato la contaminazione generalizzata.
Infatti, a più di 30 anni dall’entrata in vigore del divieto di utilizzo di amianto con la legge 257/92, il nostro territorio è ancora cosparso di costruzioni con eternit. Si deve procedere alla bonifica per evitare i rischi per la salute. Infatti, l’amianto è un pericoloso cancerogeno e non è l’unico. Oltre al mesotelioma, questi minerali fibrosi provocano tumore del polmone, tumore della laringe, tumore delle ovaie e asbestosi. Queste sono le malattie amianto correlate per eccellenza e poi ci sono tutte le altre. Ma non solo, le ecomafie determinano delle contaminazioni che vanno ben oltre la presenza dei minerali di asbesto.