Per molto tempo, in Italia, sono state violate norme comunitarie in danno dei giovani medici specializzandi che avevano seguito un corso di specializzazione negli anni 1983-1991.
L'Avv. Ezio Bonanni ha ottenuto che la Corte di Cassazione, III Sezione Civile, con l sentenza n. 17350 del 2011, riaffermasse il principio della prescrizione decennale, con conseguente annullamento della sentenza della Corte di Appello di Roma, che aveva invece stabilito un termine quinquennale.
La sentenza della Corte di giustizia dell'Unione Europea del 24 gennaio 2018 si è pronunciata sullo stipendio medico specializzando dal 1982.
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Per il periodo dal 1983 al 1991, gli specializzandi medici in Italia non hanno ricevuto alcun compenso, contrariamente a quanto stabilito dal Legislatore comunitario (direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE), subendo un ingiusto pregiudizio. Anche nei periodi successivi quanto percepito non corrisponde alla adeguata retribuzione loro dovuta.
La Corte di Cassazione, con Sentenza n. 9147/2009, ha regolato la materia stabilendo che in caso di omessa o tardiva trasposizione della retribuzione della formazione dei medici specializzati sorge il loro diritto al risarcimento dei danni, determinato in modo da assicurare una compensazione idonea alla perdita subita in ragione del ritardo, ritenendo la condotta dello Stato come antigiuridica nell'ordinamento comunitario.
La Corte di Cassazione, con Sentenza n 17350 del 2011 ha accolto il ricorso ex specializzandi prescrizione dell’Avv. Ezio Bonanni sulla qualificazione della pretesa degli specializzandi medici relativa alla mancata remunerazione per l'attività prestata nell'ambito dei corsi di specializzazione, riaffermando il diritto ad ottenere quanto dovuto con termine prescrizionale decennale.
Secondo la sentenza 20348/18 della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, la remunerazione adeguata è dovuta a tutti i medici specializzati che hanno seguito corsi di specializzazione dal 31 dicembre 1982 al 1990, cioè quando scaderono i termini di trasposizione della direttiva 82/676.
La Corte ha chiarito che ai fini dell'indennizzo medici specializzandi va tenuta in considerazione la durata del corso frequentato e la necessità di commisurare l’indennizzo corrispondente al primo anno accademico 1982-1983 alla frazione di anno accademico successiva al 1°gennaio 1983 e fino alla conclusione dell’anno stesso (secondo i principi enunciati dalla Corte di giustizia Ue con sentenza depositata il 24 gennaio 2018, nelle cause riunite C616/16 e C617/16).
La sentenza n. 20348 del 31 luglio 2018 ha richiamato quanto sancito dalla Corte europea secondo la quale qualsiasi formazione come medico specializzando iniziata nel 1982 fino al 1990 deve essere oggetto di remunerazione adeguata, e questo obbligo non dipende dall’adozione da parte dello Stato di misure di trasposizione della direttiva 82/76, con corresponsione di adeguato stipendio medici specializzandi per il periodo della formazione e fino alla fine della formazione stessa.
Il risarcimento specializzandi medici per la mancata percezione di una retribuzione adeguata va commisurato non all’intero periodo di durata del primo anno accademico di corso, bensì alla frazione temporale di esso successiva alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva (31 dicembre 1982), a partire dalla quale si è verificato l’inadempimento.
La quantificazione dei danni medici specializzandi può essere anche equitativa (art 432 cpc, applicabile per analogia), per i profili di responsabilità contrattuale (art 1226 cc) ed extracontrattuale e/o precontrattuale e/o per la determinazione dell’indennizzo per arricchimento senza giusta causa, in relazione al risparmio di spesa conseguito dall’amministrazione per l’utilizzo delle prestazioni professionali degli specializzandi, diretto ad integrare anche la diminuzione patrimoniale e di ogni altro bene dell’avente diritto.
Le Sezioni Unite hanno qualificato questa fattispecie come obbligazione contrattuale (cioè direttamente originante dall’inadempimento dall'obbligo di attuare la direttiva comunitaria), con conseguente diritto al risarcimento medici specializzandi (Corte di Giustizia, sentenza 19 novembre 1991, Francovich, cause C-6/90 e C-9-90; sentenza 5 marzo 1996, Brasserie du Pecheur e Factortama III, cause C-46/93 e C-48/93 - medici specializzandi sentenze).
La fonte di responsabilità dello Stato e dei Ministeri risiede nella violazione dell’obbligo di corretta e tempestiva trasposizione delle direttive comunitarie, il cui inadempimento è fonte di responsabilità prima di tutto ex art. 1173 c.c., oltre che contrattuale ed extracontrattuale.
L'obbligazione al risarcimento medici specializzandi è stata giustificata sulla base dei vincoli che derivano all’ordinamento interno per effetto dell’inadempimento di una direttiva riconoscente in modo sufficientemente specifico un diritto ai soggetti dell’ordinamento interno, ma non avente carattere self-executing.
La previsione da parte della giurisprudenza comunitaria che l'inadempimento di una direttiva attributiva di diritti ai singoli, ma non self-executing, dia luogo ad un obbligo risarcitorio, infatti, non toglie allo Stato membro la possibilità di adempiere tardivamente la direttiva provvedendo cioè non solo per il futuro, ma anche riguardo alle situazioni successive alla scadenza del termine, così da soddisfarle, con pretesa risarcitoria azionabile dal singolo.
L’obbligo dello Stato discende direttamente dalla fonte comunitaria, che obbliga i singoli, gli Stati e ogni altra istituzione interna. La Corte di Giustizia (sentenza 7 luglio 1987, C-49-86) ha dichiarato inadempiente lo Stato Italiano, ma questo non ha fatto cessare il suo obbligo comunitario di adempiere le direttive, sia pure in ritardo. L'obbligo di adempiere le direttive integralmente era possibile soltanto se lo Stato Italiano avesse introdotto una disciplina attuativa della direttiva (e conforme ad essa) sia dopo la sua entrata in vigore, sia con effetti retroattivi idonei ad attribuire i benefici e coprire eventuali danni da ritardo.
Lo Stato Italiano, dunque, si venne a trovare nella duplice condizione di obbligato sul piano comunitario ad un adempimento tardivo delle direttive e, mano a mano che per i medici maturavano le condizioni per l'adeguata remunerazione e il riconoscimento dell'idoneità dei titolo di specializzazione negli altri paesi comunitari, di obbligato al risarcimento specializzandi medici per la mancata consecuzione da parte loro di tali benefici.
La Corte di Cassazione Civile, con la Sentenza n. 17350 del 2011, ha chiarito che il termine di prescrizione è decennale e inizia a decorrere dal momento in cui il pregiudizio si è verificato, come momento in cui la pretesa risarcitoria è “insorta” (ricorso medici specializzandi prescrizione). L'applicazione del termine di prescrizione decennale (di cui all'art. 2946 c.c.) è quello generale e certamente più favorevole rispetto ai termini speciali, più brevi.
La mancata retribuzione specializzandi medicina, in forza delle direttive comunitarie, integra la violazione delle norme di cui agli artt. 10, 11 e 117 e da 1 a 4 e da 36 a 38 della Costituzione, e dunque è fonte di responsabilità e degli obblighi risarcitori ex artt. 1173 e ss. c.c., sia a titolo di responsabilità contrattuale (artt. 1453 c.c. e/o 2099 c.c. e/o 35 e 36 Cost., anche in combinato disposto con le norme comunitarie), sia a titolo di concorrente responsabilità extracontrattuale (ex art. 2043 c.c.).
Si ha il risarcimento di tutti i pregiudizi, patrimoniali e non patrimoniali, e con diritto a vedersi corrisposti gli importi dovuti anche a titolo di responsabilità precontrattuale ex artt. 1337 e/o 2043 c.c., ovvero per violazione del divieto di ingiusto arricchimento ex art. 2041 c.c., con conseguente condanna dello Stato e dei Ministeri responsabili.
La Corte di Cassazione, Sez. III, con la recente sentenza n. 5781 del 08-03-2017, si è espressa stabilendo che, il medico specialista che non abbia percepito alcuna remunerazione e che si sia iscritto a una scuola di specializzazione prima del 1991, per ottenere il risarcimento del pregiudizio subito in conseguenza della tardiva attuazione della direttiva 75/362/CEE e 82/76/CEE deve solo provare di aver frequentato un corso di specializzazione senza essere stato remunerato.
Nello specifico, nella sopra richiamata sentenza viene espressamente indicato che: "In materia di remunerazione di medici specializzandi, questi ultimi per ottenere il risarcimento debbono dunque dimostrare che, in caso di tempestiva attuazione della direttiva 75/362/CEE e successive modificazioni, essi avrebbero frequentato un corso di specializzazione che avrebbe dato loro diritto alla remunerazione.
Tuttavia, prima dell'emanazione del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, di (tardiva) attuazione delle direttive 75/362/CEE e 82/76/CEE, le università erano libere di organizzare corsi di specializzazione quomodolibet: e quindi anche non esclusivi, e non a tempo pieno. Da ciò discendono due conseguenze sul piano dell'onere della prova.
La prima è che dal fatto stesso che un medico abbia, prima del 1991, frequentato e portato a termine un corso di specializzazione, è possibile risalire ex art. 2727 c.c. al fatto ignorato che, se il D.Lgs. n. 257 del 1991 fosse stato già in vigore all'epoca di inizio di quel corso, il medico in questione vi si sarebbe ugualmente iscritto (come già stabilito da questa Corte, con la sentenza pronunciata da Sez. 3, Sentenza n. 1182 del 27/01/2012, Rv. 620494).
La seconda conseguenza è che non può pretendersi dal medico, il quale abbia frequentato corsi di specializzazione iniziati prima del 1991, la prova che il corso frequentato era esclusivo ed a tempo pieno in quanto tali caratteristiche prima del 1991 non erano richieste, e sarebbe iniquo pretendere dallo specialista la prova di avere frequentato corsi aventi caratteristiche non richieste dalla legge all'epoca in cui li svolse.