Che cos'è il mobbing? Quando si è in presenza di mobbing? In questa guida scopriamo cosa significa e qual è la normativa di riferimento in Italia, ma soprattutto come difendersi e come ottenere la tutela legale nel caso in cui si è vittime di mobbing sul posto di lavoro.
Lo studio legale dell'Avvocato Ezio Bonanni si occupa di assistenza legale alle vittime di mobbing sul posto di lavoro e alle vittime di esposizione lavorativa a sostanze cancerogene che abbiano contratto malattia professionale.
Mobbing è un termine che è stato mutuato dall'etologia e che in questo ambito definisce l'insieme dei comportamenti aggressivi messi in atto da certe specie di animali per difendersi dai predatori o per isolare alcuni membri del gruppo.
Il termine mobbing è il gerundio sostantivato del verbo inglese "to mob" che viene dall'espressione latina mobile vulgus, con la quale ci si riferiva ai folti gruppi tipici di una parata o di un evento locale, che avevano la cattiva abitudine di muoversi in modo disordinato seminando il caos nei dintorni.
Quando si parla di mobbing oggi ci si riferisce ad una sistematica persecuzione esercitata sul posto di lavoro da colleghi o superiori nei confronti di un individuo con l'obiettivo di isolare la vittima o allontanarla. Consiste per lo più in piccoli atti quotidiani di emarginazione sociale, violenza psicologica o sabotaggio professionale, ma che spingersi fino all'aggressione fisica.
In molti casi il mobbing sfocia nel licenziamento; o comunque in danni alla salute, in particolare all’equilibrio psichico.
La sentenza n. 22993/2012 definisce il mobbing come “una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l'emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità.
Esempi di piccoli atti quotidiani che integrano il mobbing sono l’esclusione di un dipendente da riunioni, corsi di aggiornamento e altre attività aziendale.
Pettegolezzi, insulti, battute e condotte ostili da parte dei colleghi, lavoro eccessivo o richieste e controlli eccessivi da parte dei superiori.
Qui di seguito abbiamo raccolto qualche esempio di mobbing per rendere più chiara la sua definizione. Può integrare il fenomeno del mobbing ad esempio l'esclusione di un dipendente da riunioni, corsi di aggiornamento e altre attività aziendale.
Pettegolezzi, insulti, battute e condotte ostili da parte dei colleghi possono produrre anch'essi l'isolamento del soggetto che ne è bersaglio. Un'altra condotta mobbizzante si ha quando il datore o il superiore caricano di lavoro eccessivo un soggetto o lo sottopongono a richieste e controlli eccessivi.
Negare improvvisamente benefit, ferie e permessi spettanti e goduti fino a quel momento integra anch'essa una condotta mobbizzante.
Esistono due tipologie fondamentali di mobbing. Quello verticale è anche detto bossing e consiste negli abusi e nelle vessazioni perpetrati ai danni di uno o più dipendenti da un loro diretto superiore gerarchico. In questi casi le possibilità di ribellarsi a tali atteggiamenti sono spesso molto limitate e di non facile attuazione, in ragione dei rapporti di forza sbilanciati tra mobber e mobbizzato.
Il mobbing orizzontale è invece l'insieme di atti persecutori messi in atto da uno o più colleghi nei confronti di un altro, spesso finalizzati a screditare la reputazione di un lavoratore mettendo in crisi la sua posizione lavorativa.
Il mobbing dal basso o low mobbing consiste invece in una serie di azioni che mirano a ledere la reputazione delle figure di spicco aziendali.
Il mobbing però non avviene solo all'interno del contesto lavorativo, ma anche in altri contesti.
Si può parlare di mobbing a livello scolastico in cui gli studenti possono essere vittime del mobbing operato sia da altri studenti che dagli insegnanti. Oppure ci possono essere casi di mobbing dal basso con gruppi coalizzati di studenti che mirano a ledere le capacità organizzative e di dialogo di uno o più insegnanti.
A livello familiare si sostanzia invece all'interno del contesto familiare in cui per esempio un coniuge vuole ottenere il monopolio delle attenzioni della prole, a tal fine, cerca di estromettere il partner dalle questioni familiari.
Non tutti i comportamenti poco piacevoli o ingiusti che si verificano su un posto di lavoro possono essere definiti come mobbing. Le angherie, l'ostracismo, la diffusione di notizie non veritiere e le eventuali umiliazioni pubbliche devono avvenire in modo sistematico, continuo e per un tempo prolungato.
Tali condotte devono essere guidate da un intento persecutorio e devono recare un danno al soggetto mobbizzato di tipo fisico, morale e psicologico.
Il fenomeno del mobbing nel nostro ordinamento giuridico non fa parte di una specifica disciplina. Diverse norme però si preoccupano di tutelare i lavoratori e danno importanza a livello giuridico alle condotte ingiuste messe in atto nei loro confronti.
Oltre agli articoli della Costituzione e del codice civile ci sono le disposizioni contenute nelle leggi speciali come lo Statuto dei lavoratori (Legge n. 300/1970), il Codice delle pari opportunità (Dlgs n. 198/2006) e il Testo Unico per la sicurezza del lavoro (Dlgs n. 81/2008).
I comportamenti mobbizzanti, inoltre, a determinate condizioni possono cagionare delle conseguenze riconducibili al reato di lesioni personali di cui all'articolo 590 del codice penale.
In primis c'è la Costituzione con sei articoli che tutelano i diritti dell'individuo e della collettività in ambito lavorativo. Essa riconosce e tutela la salute come un diritto fondamentale dell'uomo
Il codice civile contiene numerose disposizioni legate alla tutela del lavoratore:
La prestazione del lavoratore e le conseguenze che derivano dal cambiamento delle mansioni sono disciplinate dall’art. 2103 c.c.. Questa norma è fondamentale perchè vieta il demansionamento. In altre parole, di pregiudicare il lavoratore privandolo delle mansioni, ovvero svuotandone gli incarichi. In altri contesti, anche il mancato riconoscimento delle mansioni superiori è altamente pregiudizievole in termini di rispetto della professionalità e della retribuzione. Le condotte tipiche, in caso di mobbing, attengono proprio allo svuotamento delle mansioni, oppure al mancato riconoscimento di quelle superiori.
Uno degli aspetti centrali del mobbing è la violazione della dignità della persona, e del lavoratore, in quanto persona.
Infatti l’art 2087 c.c. prevede l’obbligo a carico del datore di lavoro di “adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori”. Questa norma è molto importante, perchè sancisce l’obbligo di tutela della salute e della dignità di tutti i prestatori d’opera. Si deve osservare che, in molti casi, le attività di mobbing coinvolgono anche soggetti con contratto a termine. Quindi particolarmente deboli a livello contrattuale.
Inoltre, gli artt. 1175 c.c e 1375 c.c prevedono rispettivamente il rispetto del principio di correttezza e di buona fede contrattuale, valevoli anche nel rapporto di lavoro. Queste sono regole di comportamento fondamentali.
Il reato di mobbing non è contemplato dal nostro ordinamento come fattispecie autonoma di reato.
La giurisprudenza però in diverse occasioni non ha mancato di inquadrare le condotte dei soggetti mobbizzanti in fattispecie penali esistenti come il reato di maltrattamenti di familiari e conviventi (art 572), la violenza privata (art. 610 c.c.), le lesioni personali dolose o colpose (art. 582 e 590 c.p), la violenza sessuale (art. 609 bis c.p), la molestia o il disturbo alle persone (art. 660 c.p), l'abuso d'ufficio (art. 323 c.p), le minacce (art. 612 c.p).
Il mobbing può essere causato da condotte in grado di configurare una responsabilità di tipo contrattuale o extracontrattuale. La prima si ha quando il mobbing consiste in una violazione del generale obbligo di sicurezza posto a carico del datore di lavoro (ex art. 2087 c.c. vedi, tra le altre, Cass. n. 2864/2022);
La responsabilità extracontrattuale è applicabile, invece, quando la condotta mobbizzante è tenuta da un soggetto che non è legato da un vincolo contrattuale al mobbizzato. Pensiamo per esempio alle condotte mobbizzanti messe in atto dai colleghi.
Le vittime di mobbing possono quindi citare in giudizio il loro mobber dinanzi al giudice civile al fine di vederne accertata la responsabilità per i danni che ha cagionato nei loro confronti e ottenerne la condanna al risarcimento del danno subito. La vittima dovrà ottenere il risarcimento integrale dei danni subiti per mobbing di natura patrimoniale e non patrimoniale, a seconda delle fattispecie. Qui di seguito vediamo nel dettaglio in cosa consistono.
Il mobbizzato è di solito costretto a subire un danno, in primo luogo, di natura non patrimoniale che deve essere risarcito. Un danno cioè che riguarda la persona. Egli dovrà essere risarcito delle lesioni psicofisiche (si parla in questo caso di danno biologico) della sofferenza interiore derivante dalle condotte persecutorie (danno morale) e del peggioramento delle sue condizioni di vita quotidiane (danno esistenziale).
In alcuni casi il mobbing può comportare un'incidenza negativa sulla sfera economica del soggetto mobbizzato. Può essere stato per esempio costretto a sostenere spese mediche oppure ad un mancato guadagno conseguente all'impoverimento delle sue capacità professionali a causa per esempio di un'inattività forzata del lavoro o di mancato avanzamento di carriera o compromissione della sua immagine professionale. In questi casi si può ottenere il risarcimento del danno patrimoniale.
La Cassazione con la sentenza n. 8948/2020 ha ritenuto i danni psicofisici causati dal mobbing una tecnopatia che deve essere indennizzata dall'INAIL al pari di tutte le malattie professionali. Questo anche se non presente tra le malattie inserite nelle tabelle dell'INAIl o il mobbing tra i rischi tabellati.
In particolare la sentenza ha affermato che:
“nell'ambito del sistema del TU, sono indennizzabili tutte le malattie di natura fisica o psichica la cui origine sia riconducibile al rischio del lavoro, sia che riguardi la lavorazione, sia che riguardi l'organizzazione del lavoro e le modalità della sua esplicazione comprese quindi quelle cagionate da condotte mobbizzanti, in quanto ogni forma di tecnopatia che possa ritenersi conseguenza di attività lavorativa risulta assicurata all'INAIL, anche se non è compresa tra le malattie tabellate o tra i rischi tabellati, dovendo in tale caso il lavoratore dimostrare soltanto il nesso di causa tra la lavorazione patogena e la malattia".
L’INAIL interviene solo in caso di infortunio e malattia professionale. Dunque, l’ambito di operatività è quello della lesione biologica e delle diminuite capacità di lavoro con una franchigia fino al 6%.
In questi ultimi anni, l’INAIL ha sviluppato degli strumenti di tutela con il Comitato paritetico sul fenomeno del mobbing, quindi, la tutela è anche preventiva.
In caso di danno dal 6% al 15%, l’INAIL indennizza il danno biologico; per le infermità superiori, anche il pregiudizio per diminuite capacità di lavoro. In quest’ultimo caso, il mobbing subito darà diritto ad una rendita mensile.
Tutti gli altri pregiudizi, e in tutti i casi in cui vi sia assenza di danno biologico, l’INAIL non interviene. Per questi profili, dunque, sarà necessario azionare la tutela civilistica.
Per quest’ultima, sarà necessario ricorrere al Giudice del Lavoro nei confronti del datore di lavoro, che risponde anche delle condotte degli altri dipendenti.
Per ottenere i risarcimenti previsti dal nostro ordinamento il mobbizzato dovrà dimostrare in modo preciso di essere stato oggetto di mobbing. Dovrà quindi essere in grado di dimostrare che nei suoi confronti è stata perpetrata tutta una serie di comportamenti persecutori, con intento vessatorio e in un arco di tempo medio-lungo, tanto da rendere invivibile il contesto di riferimento.
Bisognerà fornire anche la prova relativa al danno subito attraverso perizie e certificati medici con un nesso causale tra condotta denunciata e danno subito.
La Suprema Corte di Cassazione, sez. Civile, sentenza n. 12041 del 2020 ha dettato i principi. Quindi: “in fase di accertamento del nesso causale, ove l’art. 533 del codice di rito penale impone che il rapporto di causalità tra la condotta e l’evento debba essere stabilita, a carico dell’accusa pubblica, ‘al di là di ogni ragionevole dubbio’ (cfr. Cass SS.UU. pen. 30328 del 2002; Cass. SS.UU. pen. 38343 del 2014; Cass. SS.UU. pen. 33749 del 2017). Mentre la regola nei giudizi civili è quella ‘del più probabile che non’ (tra varie, Cass. SS.UU. n. 576 del 2008; Cass. SS.UU. n. 23197 del 2018). Con conseguenze di rilievo soprattutto nel caso di malattie o infortuni determinati da condotte omissive”.
Così ai fini risarcitori, e dunque civilistici, l’onere della prova del nesso causale è meno stringente. In più, è sufficiente anche la concausa. Quindi, sono risarcibili tutti i danni alal salute che siano stati anche solo favoriti o aggravati dal mobbing.
Quindi, il principio è quello dell’equivalenza causale e/o della sufficienza della concausa, ai sensi dell’art. 41 c.p.. Per cui, anche a voler ammettere altre concause, si configura sempre la responsabilità.
Le vittime di mobbing possono quindi citare in giudizio il loro mobber dinanzi al giudice civile al fine di vederne accertata la responsabilità. In ogni caso, per il mobbing lavorativo, si deve ricorrere al Giudice del Lavoro.
Quindi, per il ricorso giudiziario, è fondamentale la specificità delle deduzioni, circa i diversi aspetti del mobbing. In questo caso, l’onere della prova è a carico della vittima.
Conseguentemente, sarà necessario descrivere i diversi episodi, indicare i danni e dimostrarli. Per quelli alla salute, sono fondamentali i documenti medici, meglio se di struttura sanitaria. Per i profili persecutori, inoltre, oltre alle prove scritte, sono fondamentali quelle testimoniali.
La quantificazione del pregiudizio non patrimoniale, non potrà che essere determinata con il criterio dell’equità, sulla base dell’art. 432 c.p.c. e 1226 c.c. e 2056 c.c.
Così per alcuni profili dello stesso danno patrimoniale.
Il criterio di equità si potrà basare anche sulle c.d. Tabelle, prima di tutto quelle del Tribunale di Milano. In particolare, in caso di danno biologico: in questi casi, l’entità del pregiudizio non patrimoniale dovrà essere calcolata con personalizzazione.
Quindi, con riferimento al caso di mobbing, si dovrò tener conto anche della sofferenza fisica e morale e del danno esistenziale. In questi casi, questi pregiudizi potrebbero essere più rilevanti del danno biologico da mobbing.
Per questo calcolo si dovrà tener conto anche di eventuali violazioni dell’art. 2103 c.c. e di eventuali licenziamenti. Sono rilevanti i danni di immagine e la perdita di changes, compresa quella di progressione in carriera. In più, si dovrà terner conto delle infermità e le ripercussioni sulla capacità lavorativa specifica e generica.
Inoltre, il criterio non potrà che essere sempre quello equitativo e tener conto del danno futuro.
In caso di mobbing malattia professione, e dunque indennizzo INAIL, si dovrà tenerne conto, in sede di quantificazione del danno.
In altri termini, questi importi debbono essere decurtati. Nel caso di raggiungimento di un grado invalidante del 6%, si avrà diritto all’una tantum. Invece, a partire dal 16%, l’INAIL erogherà la rendita.
In questi casi, la vittima avrà diritto al differenziale del danno biologico e di quello da diminuite capacità di lavoro. Inoltre, sussiste, il diritto al risarcimento del danno differenziale mobbing dipendente.
Lo scomputo dovrà avvenire per poste omogenee. Cioè, gli importi dovranno essere decurtati sulla relativa voce di danno. Non potranno essere sottratti semplicemente dall’ammontare complessivo del danno.
La Suprema Corte di Cassazione, ordinanza della VI sez. civile n. 25618/2018, lo ha ribadito. Quindi “…il criterio corretto è rappresentato da quello “per poste”. Sottraendo l’indennizzo Inail dal credito risarcitorio solo quando l’uno e l’altro siano destinati a ristorare pregiudizi identici.
Corollari di tale modus procedendi sono:
a. Se per una voce di danno l’indennizzo Inail eccede il credito civilistico; nulla potrà pretendere per quel danno la vittima dal responsabile.
b. Se per una voce di danno l’indennizzo Inail eccede il credito civilistico, il responsabile non potrà pretendere che l’eventuale eccedenza sia riportata a defalco di altri crediti”.
Questa giurisprudenza conferma ex plurimis, Cass. n. 27669717; Cass. n. 13222/15.
Questo è il criterio.
Sono dovuti sulle somme rivalutate anche gli accessori (interessi e rivalutazioni).
Lo straining è una sorta di mobbing "in piccolo", dove non si ritrova la continuità e sistematicità delle azioni vessatorie del mobbing. Anche una singola azione lesiva isolata, connotata però da effetti duraturi può giustificare una pretesa risarcitoria in quanto produttiva di danno all'integrità psicofisica del lavoratore.
Lo studio legale dell'Avvocato Ezio Bonanni si occupa di assistenza legale alle vittime di mobbing e di straining per il risarcimento integrale dei danni subiti, patrimoniale e non patrimoniali. Particolarmente delicata è la dimostrazione del nesso causale tra i danni subiti e la condotta di mobbing.
L'Avvocato Ezio Bonanni e gli avvocati professionisti del team dello studio legale forniranno completa assistenza al fine di ottenere tutti i risarcimenti.